E’ l’alba del socialismo sudamericano 11 settembre 1973 – 11 settembre 2019 ¡TENEMOS MEMORIA!

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Atilio A. Borón *

Riproponiamo un interessante articolo pubblicato su El Moncada di settembre 2018.

Vittoria elettorale di Allende, offensiva terrorista e ruolo della Casa Bianca. Lezioni per il presente.

La fase attuale d’attacco ai governi progressisti latinoamericani ha un esempio storico da non dimenticare; accadde proprio un settembre di molti anni fa.

Il 4 settembre 1970 Salvador Allende, il candidato di Unidad Popular – una coalizione formata dai Partiti Comunista, Socialista, Radicale e da altri tre piccoli gruppi politici – otteneva la prima minoranza[1] nelle elezioni presidenziali cilene.

Allende rappresentava la linea più radicale del socialismo cileno e durantegli anni Sessanta aveva dimostrato con i fatti la sua profonda solidarietà e amicizia con il popolo e il governo cubano, al punto tale che, quando si costituisce la OLAS, Organizzazione Latinoamericana di Solidarietà, per difendere la Rivoluzione Cubana stretta sempre più d’assedio, la presidenza di tale istituzione fu affidata all’allora senatore cileno.

Alle elezioni del 4 settembre si presentarono tre candidati: oltre ad Allende c’era il candidato della destra tradizionale ed ex presidente Jorge Alessandri; il rappresentante della Democrazia Cristiana, partito debole e ormai naufragato, Radomiro Tomic, in una posizione sfavorevole a causa della tanto propagandata “Rivoluzione nella libertà”, con la quale Washington aveva tentato di soffocare lo spirito di ribellione popolare sospinto in tutto il continente dal luminoso esempiodi Cuba, e che si era rivelata un fiasco.

Alla fine della giornata il conteggio riportò le seguenti cifre: Allende (UP) 1.076.616 voti; Alessandri (Partido Nacional) 1.036.278 e Tomic (DC) 824.849. Tuttavia la legge elettorale cilena stabiliva che se il candidato trionfatore non avesse ottenuto la maggioranza assoluta del voto popolare, il Congresso Pleno (cioè le Camere riunite) avrebbe dovuto eleggere il nuovo presidente tra i due che avevano ottenuto più voti.

A nessuno sfuggiva l’enorme significato storico che avrebbe assunto il consolidamento della vittoria di Allende: sarebbe stato il primo presidente marxista della storia che giungeva al potere in un Paese occidentale, niente meno che in America Latina! E nel contesto istituzionale della democrazia borghese, in rappresentazione di una coalizione della sinistra radicale.

L’impatto della vittoria di Allende sulla destra latinoamericana e mondiale fu enorme e a partire dalla notte stessa della vittoria si scatenarono tremende pressioni destabilizzanti.

Per ottenere la ratifica della vittoria da parte del Congresso (che era l’unica cosa che poteva legittimamente fare) si dovettero superare enormi ostacoli. Il Partido Nacional si rifiutava e la Democrazia Cristiana era divisa.

Per superare l’impasse ed esprimere il suo voto favorevole la DC pretese che Allende firmasse uno “Statuto di Garanzie Costituzionali”. In realtà era un’estorsione mafiosa finalizzata a frustrare la realizzabilità del programma di transizione al socialismo.

Con questo strumento Allende dovette impegnarsi formalmente ed esplicitamente a preservare la libertà di insegnamento, stampa, associazione e riunione – nessuna delle quali era minacciata dal candidato vincitore o dal suo programma di governo! – e a indennizzare gli espropri previsti nel programma di Unidad Popular. Quest’ultimo punto rivela chiaramente il servilismo della DC e della destra tradizionale nei confronti delle oligarchie locali e dell’imperialismo, che esigettero dai loro compari locali, sedicenti difensori della “democrazia” e della “libertà”, di preservare l’assoluta intangibilità dei loro interessi. Successivamente, nel 1971, lo Statuto fu introdotto come riforma della Costituzione.

Il Congresso fissò per il 24 di ottobre1970 la riunione che avrebbe confermato la vittoria di Allende. Tuttavia il giorno precedente un commando della destra ferì gravemente in un attentato terrorista il generale costituzionalista René Schneider, che morì pochi giorni dopo.

Schneider aveva affermato che le forze armate cilene dovevano rispettare il verdetto delle urne e pagò la sua presa di posizione con la vita. Si suppone che a pianificare e a mettere in pratica tale mortale operazione sia stata la CIA, che seguiva molto da vicino gli avvenimenti in Cile fin dal principio degli anni Sessanta, in collaborazione con un gruppo dell’estrema destra cilena.

Nonostante tale momento drammatico, o forse a causa delle gravi conseguenze politiche che si profilavano all’orizzonte, il Congresso procedette a ratificare il trionfo di Allende, con 153 voti favorevoli e 35 contrari che optarono per Alessandri.

[1] Per “prima minoranza” si intende il primo gruppo tra i tre di minoranza. Il sistema cumulativo di maggioranza tra ledue Camere è una particolarità cilena.(NdR)

Condivido una nota in omaggio alla memoria di un personaggio di capitale importanza per Nuestra América, nel 110° anniversario della sua nascita: Salvador Allende.

È risaputo che con il trionfo della Rivoluzione Cubana nel 1959 l’America Latinae i Caraibi ripresero la marcia verso la loro Seconda e definitiva Indipendenza.

L’ascesa di Hugo Chávez alla presidenza di quella che in seguito sarebbe diventata la Repubblica Bolivariana del Venezuela è usualmente considerata la seconda pietra miliare di questa lunga marcia.

Tutto ciò è indubbio, tuttavia tralascia un’importantissima tappa intermedia, breve ma di enorme importanza: il contributo del governo di Salvador Allende e di Unidad Popular in Cile tra il 1970 e il 1973, che è fondamentale salvare dall’oblio nel quale è stato sepolto dall’immenso apparato propagandistico della destra tanto all’interno come fuori dal Cile.

Allende arriva al Palazzo della Moneda con un programma di governo che non ha nulla da invidiare a quello che più tardi riusciranno a realizzare – in un contesto internazionale, economico e politico molto più favorevole – i governi bolivariani del Venezuela, Bolivia ed Ecuador.

Uomo di incrollabili convinzioni socialiste Allende non tardò neppure un secondo nell’applicare il programma di UP, adottando misure di fondamentale importanza come la nazionalizzazione delle ricchezze naturali del Cile: la grande estrazione di rame, ferro, salnitro, carbone in possesso di imprese straniere, trale quali i giganti dell’industria del rame Anaconda Copper e Kennecott, e dei monopoli nazionali.

Con un investimento iniziale di circa 30 milioni di dollari, in 42 anni l’Anaconda e la Kennecott trasferirono all’estero utili superiori a 4.000 milioni di dollari.

Allende non si limitò a questo provvedimento, ma nazionalizzò la quasi totalità del sistema finanziario: la banca privata e le assicurazioni, acquisendo a condizioni vantaggiose per il suo paese la maggioranza azionaria dei loro principali componenti. Nazionalizzò la International Telegraph and Telephone(IT&T), che deteneva il monopolio delle comunicazioni e che prima dell’elezione di Allende aveva organizzato e finanziato, insieme alla CIA, una campagna terrorista per impedire l’insediamento del presidente socialista.

Recuperò la grande impresa siderurgica, creata dallo stato esuccessivamente privatizzata. Accelerò e approfondì la riforma agraria, che con il suo predecessore democristiano aveva avanzato a passo lento e vacillante. Una legge quasi dimenticata della fugace Repubblica Socialista del Cile (4 giugno– 13 settembre 1932) dava facoltà al presidente di espropriare aziende bloccate o abbandonate dai proprietari. Si costituì una “area di proprietà sociale” attraverso la quale le principali imprese che condizionavano lo sviluppo economico e sociale cileno (come quelle relazionate con il commercio estero, la produzione e distribuzione di energia elettrica, il trasporto ferroviario, aereo e marittimo, le comunicazioni, la produzione, raffinazione e distribuzione del petrolio e dei suoi derivati, la siderurgia, la produzione di cemento, la petrolchimica e la chimica pesante, la cellulosa e la carta) passarono sotto il controllo statale.

Allende fece tutto questo nei pochi anni del suo governo, oltre a creare una grande casa editrice popolare, Quimantú, per avvicinare la cultura universale alle cilene e ai cileni e restituire la dignità a un popolo sottomesso per secoli al giogo di una feroce oligarchia neocoloniale.

E il governo di UP fece tutto, assolutamente tutto senza uscire dal quadro costituzionale e legale vigente, ciononostante l’opposizione – la vecchia destra oligarchica e settori progressivamente maggioritari della Democrazia Cristiana – strisciò senza la minima vergogna nel fango dell’infamia, gettando al vento il suo (sempre scarso) rispetto per le norme democratiche per assumere il ruolo di agente locale delle manovre criminali della reazione imperialista.

Manovre che Washington aveva scatenato la notte stessa del 4 settembre 1970, quando si stavano ancora contando i voti che avrebbero assegnato la vittoria a UP. Il bandito Richard Nixon, furioso, ordinò di sabotare a ogni costo l’imminente governo di Allende.

L’omicidio del generale costituzionalista René Schneider, poco prima che il Congresso Pleno (a camere riunite) ratificasse la vittoria di Allende, fu ilprimo anello di una catena funesta di eventi che con la dittatura di Pinochet avrebbero seminato morte e distruzione in Cile.

La solidarietà permanente di Allende con la Rivoluzione Cubana e con tutte le lotte di emancipazione dell’epoca, prima e dopo l’assunzione della presidenza, fu un ulteriore fattore che scatenò le ire della Casa Bianca e la sua decisione categorica di ucciderlo.

Nel 1967 in qualità di Presidente del Senato, Allende aveva accompagnato di persona Pombo, Urbano e Benigno, i tre sopravvissuti della guerriglia del Che in Bolivia, per garantire il loro sicuro ritorno a Cuba.

Perciò la sfida che prospettava il medico cileno, la costruzione di un socialismo “con sapore di vino rosso e di empanadas”, precursore del socialismo del ventunesimo secolo, incontrava da parte di Washington un rifiuto viscerale e meritava quindi una lezione esemplare.

In particolare nel momento in cui l’impero, fiaccato dall’imminenza di una sconfitta catastrofica in Vietnam, sentiva la necessità di assicurarsi l’incondizionata sottomissione del suo “cortile di casa”.

Ma Allende, un marxista senza riserve, non cedette di un millimetro, né riguardo alle sue convinzioni, né riguardo alle politiche perseguite dal suo governo. E pagò con la vita la sua fermezza, come disse nel suo ultimo discorso a Radio Magallanes quell’infausto 11 settembre 1973.

Il 26 giugno di quest’anno, nel quale si compiono 110 anni dalla sua nascita, è doveroso tributare un sentito omaggio a una figura universale, degna di ammirazione, essenziale della Nuestra América, il grande precursore del periodo di affermazione della sinistra che avrebbe avuto inizio in Venezuela nel dicembre del 1998.Atilio A. Borón *

* Contributo tratto dal sito del noto accademico, politologo e sociologo argentino, con lauree ad Harvard (USA), Santiago del Cile e Buenos Aires. Borón tiene corsi anche presso Catedra Guevarista di Rosario, Argentina.

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