Legge di Helms-Burton: strumento per la riconquista neocoloniale di Cuba
La legge Helms-Burton non solo è illegale ed illegittima, ma anche politicamente irrealizzabile, poiché è ancorata ad un passato ignominioso che i cubani hanno dovuto superare a forza di coraggio, sacrifici, sudore, lacrime e sangue di diverse generazioni.
«Nel 1953 la famiglia cubana aveva un reddito di sei pesos alla settimana. Dal 15 al 20% della forza lavoro era cronicamente disoccupata. (…)
«In un modo che contrastava il popolo di Cuba, abbiamo usato l’influenza sul governo per beneficiare gli interessi ed aumentare i profitti delle società private nordamericane che dominavano l’economia dell’isola. All’inizio del 1959 le società nordamericane possedevano circa il 40% delle terre adibite a zucchero, quasi tutti gli allevamenti di bestiame, il 90% delle miniere e concessioni minerarie, l’80% dei servizi e praticamente tutta l’industria petrolifera e forniva i due terzi delle importazioni di Cuba.
«…Forse il più disastroso dei nostri errori è stata la decisione di coprire e sostenere una delle dittature più sanguinarie e repressive della lunga storia della repressione latinoamericana. Fulgencio Batista ha assassinato 20000 cubani in sette anni, una percentuale della popolazione di Cuba maggiore di quella dei nordamericani morti nelle due grandi guerre mondiali. I portavoce dell’amministrazione elogiavano Batista, lo esaltavano come un alleato affidabile ed un buon amico, in momenti in cui Batista assassinava migliaia di cittadini, distruggeva le ultime vestigia di libertà e rubava centinaia di milioni di dollari al popolo cubano.
Queste parole furono pronunciate dal giovane senatore democratico J. F. Kennedy durante la campagna presidenziale del 1960. Lo stesso Kennedy che poco dopo, già sotto la logica sistemica e come presidente USA sarebbe stato responsabile dell’invasione mercenaria di Playa Girón, dell’approvazione dell’Operazione Mangusta, della firma dell’ordine esecutivo che ufficializzò il blocco contro Cuba, ma che esplorava un avvicinamento segreto a Cuba, al momento in cui si verificava il suo assassinio. Già fosse parte della demagogia elettorale o realmente sincera, le parole di Kennedy su Cuba degli anni ’50 riflettono una realtà irrefutabile. È proprio quella Cuba, che hanno sempre cercato di ripristinare – adattata ad un nuovo contesto – i nemici della nazione cubana che hanno partecipato all’elaborazione o hanno fatto pressioni per l’approvazione della Legge Helms-Burton del 1996. Sono gli stessi settori reazionari di una radicata cultura plattista che ora sono incoraggiati dal supporto incondizionato dell’amministrazione di Donald Trump per la loro offensiva ostile contro la Rivoluzione cubana. Situazione che ha posto le relazioni bilaterali al suo punto più basso dai tempi di W. Bush, anche con possibilità di continuare a peggiorare.
Molto si è discusso sul travisamento giuridico, in aperta violazione del Diritto Internazionale, che implica la Legge Helms-Burton, ma in primo luogo tutto questo parte da un’aberrazione politica di gruppi di potere negli USA che rappresentano un pensiero retrogrado che resiste a scomparire ed accettare una realtà molto più promettente per le relazioni con Cuba.
A sua volta, molta più attenzione mediatica hanno ricevuto, per il loro impatto internazionale, i titoli III e IV della Legge, tuttavia, senza sottrarre importanza a quest’ultimi, l’essenza della legge si basa sui titoli I e II, di fatto, in larga misura, i titoli III e IV rispondono all’interesse di raggiungere gli obiettivi fissati nei primi due.
Nella sua lettera e spirito, ha un carattere extraterritoriale e costituisce un affronto alla sovranità di Cuba, non riconoscendo il diritto della nazione cubana alla sua indipendenza ed autodeterminazione.
Come è noto, nel titolo I è dove si codifica il blocco, vale a dire tutti i regolamenti, misure, ordini esecutivi e disposizioni che fino ad allora facevano parte delle impalcatura della guerra economica contro Cuba diventano Legge. Da lì si produce un trasferimento di prerogative dall’esecutivo al legislativo in merito alla possibilità di revocare completamente il blocco all’isola. In essa inoltre si rafforzano tutte le sanzioni internazionali contro paesi terzi che stabiliscano un qualche tipo di rapporto economico-commerciale con Cuba o le prestino un qualche tipo di assistenza, così come si ufficializzi il finanziamento ed il supporto generale ai gruppuscoli controrivoluzionari sull’isola che agiscono come quinta colonna.
Tuttavia, il Titolo II supera i limiti di ciò che possiamo considerare irrazionale come parte delle aree imperiali, che hanno caratterizzato la politica USA verso Cuba. Al leggere questo titolo, risulta impossibile per qualsiasi cubano non tracciare parallelismi con l’Emendamento Platt, imposto a forza dal governo USA come appendice alla Costituzione cubana del 1901. L’Emendamento Platt costituisce nell’immaginario cubano uno dei ricordi più tristi ed odiati di ciò che fu l’ingerenza e la dominazione USA nell’isola durante i 60 anni della Repubblica Neocoloniale Borghese. L’applicazione di questo emendamento provocò vari interventi militari -diretti e preventivi- degli USA a Cuba, compresa una seconda occupazione, dal 1906 al 1909. Quindi, il marchio plattista, presente nella legge Helms-Burton Act, continui a provocare il più energico rifiuto del popolo cubano, benché anche il fatto di pretendere internazionalizzare il blocco e stabilire minacce a terzi coinvolti o disposti a commerciare ed investire a Cuba ha sollevato non poche voci di condanna nella comunità internazionale, incluso all’interno degli USA. Non per nulla, diversi analisti hanno anche visto nella legge Helms-Burton una sorta di corollario dell’Emendamento Platt e della Dottrina Monroe.
Nella legge Helms-Burton, e specialmente nel suo Titolo II, si ratifica il blocco economico, commerciale e finanziario come pietra angolare dell’aggressiva politica USA contro Cuba, con l’obiettivo di piegare la volontà sovrana di un’intera nazione e condizionare la revoca delle sanzioni economiche al ritorno di Cuba nell’area di influenza e dominio USA.
L’Emendamento Platt dava il diritto agli USA di intervenire a Cuba ogni volta che lo valutasse opportuno, ma la Legge Helms-Burton va oltre, stabilendo ciò che il presidente ed il congresso USA intenderanno come un governo di transizione e democraticamente eletto a Cuba, per revocare, in futuro, il blocco e prestare assistenza finanziaria.
Ma situandoci, ipoteticamente, là dove i sogni di riconquista neocoloniale capitalista a Cuba fossero realizzati, l’eccesso è tale da chiarire che dopo l’istituzione di un governo controrivoluzionario al potere a Cuba, con democrazia rappresentativa borghese e multipartitismo, economia di mercato, Radio Martí e TV Martí trasmettendo senza interferenza, tra altri requisiti stabiliti in questo titolo, il blocco esisterebbe ancora. Prima della sua definitiva revoca, secondo l’articolo, nella sua sezione 205, tale governo pro-yankee dovrebbe restituire o indennizzare le proprietà confiscate dal governo rivoluzionario cubano ai cittadini statunitensi il 1 gennaio o dopo.
E per dar continuità a questo elemento è il più rilevante di quel titolo, dichiara: “È il sentire del Congresso che la liquidazione soddisfacente delle rivendicazioni di proprietà da parte di un governo cubano riconosciuto dagli USA continui ad essere una condizione indispensabile per il pieno ristabilimento delle relazioni economiche e diplomatiche tra USA e Cuba».
La data del 1 gennaio 1959 è inclusa intenzionalmente, poiché lì non solo si sta parlando dei “5911 reclami certificati” fino all’approvazione della legge Helms-Burton, ma si stanno incorporando coloro che non erano cittadini USA quando si produce il processo di nazionalizzazione e l’ottennero in seguito, ma anche ai batistiani e tutta la mafia fuggita da Cuba nei primi giorni del gennaio 1959, al prodursi il trionfo rivoluzionario, e a cui non fu nazionalizzato nulla, ma a cui furono confiscate le proprietà che avevano abbandonato nell’urgenza di sapersi in pericolo di essere processati per malversazione, furto, omicidio e tortura. Cuba sarebbe di nuovo un paese legato mani e piedi al potere straniero. In questo modo, si rivela il vero scopo senza trucco della legge Helms-Burton, il che spiega anche la ragione di stato della politica USA contro Cuba e l’essenza del conflitto tra i due paesi per oltre due secoli, specialmente negli ultimi sei decenni.
Alla maggior parte dei settori che hanno condotto la politica USA verso Cuba, tra loro i difensori ad oltranza della legge Helms-Burton ed i falchi che oggi predominano nel disegno della politica verso l’isola, poco realmente gli importa la democrazia liberale ed i diritti umani, se ciò non assicura loro, soprattutto, la conversione dell’isola in un’enclave di dominio yankee. Ciò è davvero importante per i suoi interessi, il primo può essere funzionale, ma non una condizione sine qua non, benché si mascheri nel discorso pubblico. La legge Helms-Burton ed il Titolo II a cui abbiamo fatto riferimento sono piagati da un linguaggio ingannevole e cinico. In effetti, l’intera legge si basa sull’idea che Cuba è una minaccia non solo alla sicurezza nazionale USA, ma anche per la sicurezza internazionale. Quando gli USA parlano di “sicurezza nazionale” ed incluso di “sicurezza internazionale”, a ciò che in realtà stanno facendo allusione è alla sicurezza imperiale della classe dominante di quel paese, oggi più sfrenata e violenta che mai di fronte all’evidente declino della sua egemonia globale.
La Legge Helms-Burton non solo è illegale ed illegittima, ma anche politicamente irrealizzabile, poiché è ancorata ad un passato ignominioso che i cubani hanno dovuto superare a forza di coraggio, sacrifici, sudore, lacrime e sangue di diverse generazioni, e che solo potrebbe tornare eliminando fisicamente tutto un popolo e spazzando dalle sue fondamenta la storia, tradizione e cultura della nazione cubana.
Come avvertì Fidel nel 1994: «La normalizzazione delle relazioni tra i due paesi è l’unica alternativa; un blocco navale non risolverebbe nulla, una bomba atomica, per parlare in modo figurato, neppure. Far esplodere il nostro paese, come si è preteso ed ancora si pretende, non gioverebbe affatto agli interessi USA. Lo renderebbe ingovernabile per cento anni e la lotta non finirebbe mai. Solo la Rivoluzione può rendere possibile la marcia e il futuro di questo paese».