Condividiamo la dichiarazione rilasciata dall’ex Segretaria Generale della CGIL Susanna Camusso – pur ribadendo la nostra convinzione per la rimozione definitiva e incondizionata del blocco
Bene applaudire i medici cubani ma ora sospendiamo le sanzioni – Susanna Camusso
Il governo spagnolo ha preso parola, se non erro primo fra i governi europei, sostenendo l’appello di Antonio Guterres , che a sua volta rilanciava l’appello di UNHCR, per sospendere, o almeno allentare, le sanzioni contro Iran, Siria, Cuba, Venezuela ed altri paesi. L’idea è semplice e precisa: di fronte ad una pandemia bisogna che tutti i paesi possano contrastarla.
Un appello di economisti si era levato nei giorni scorsi negli USA e il tema è stato discusso nelle commissioni esteri del parlamento italiano.
Stiamo parlando di paesi stremati dal punto di vista economico.
Pensiamo all’Iran, dove il virus non riesce ad essere contenuto, le persone non riescono ad essere curate.
Se pensiamo a Cuba, le ragioni delle sanzioni sono perse nella storia. Il “bloqueo” era diventato parte dei colloqui Usa-Cuba, poi è arrivato Trump, che delle sanzioni fa il suo fondamentale strumento di consenso e di politica internazionale.
Il blocco all’Iran è stato imposto dopo che gli USA sono usciti dall’accordo sul nucleare, cosi come in Venezuela è stata la risposta al fallimento del tentativo di decidere “da fuori” chi deve governare nel paese, una ritorsione che rimane in vigore nonostante l’apertura del dialogo governo-opposizioni.
La Siria è in guerra da nove anni, oltre ad essere terra di conflitto tra potenze straniere, bombardata fino a pochi giorni fa e subisce il diffuso disinteresse mondiale alla condizione della sua popolazione, di chi è rimasto nel paese come dei milioni di profughi.
Perché tanti silenzi sulle sanzioni, sulle conseguenze non per i governi, ma per le popolazioni? Perché se non dimostri di essere parte del “blocco occidentale”, se non appartieni – dicono anche i commentatori nostrani- eserciti un tradimento, ma più pragmaticamente perché sui paesi che provano a rompere il blocco pende sempre la spada di Damocle dei dazi trumpiani .
Le politiche internazionali sono complesse e non semplificabili come sto facendo, ma credo di aver reso l’idea.
In altri momenti tutto ciò sarebbe potuto apparire lontano, avrebbe prevalso il dibattito sui regimi dei paesi in questione che, pur con caratteristiche diverse, non rispondono certo a criteri democratici e di rispetto dei diritti umani.
Poco ci si domanda se i blocchi economici sono utili a favorire processi di cambiamento, partecipazione, democrazia o favoriscono invece repressioni alimentate anche dalle difficoltà di vita o di sopravvivenza, dalle esplosioni di diseguaglianze, dal senso di solitudine che viene sfruttato per epopee nazionaliste.
Ma siamo in pandemia, e l’attenzione di tutte e tutti è focalizzata su questo: il virus, l’emergenza, sul che faremo dopo: le misure economiche, come rispondere alla recessione.
Il “dopo”, l’orizzonte a cui guardiamo tutte e tutti; ma sarà bene rammentare una lezione storica : se non si interviene con misure eque e sociali, dalle crisi economiche (e la pandemia è ben più pericolosa di una crisi economica) si esce a destra, nei totalitarismi e nelle guerre. (A questo proposito, come è debole la voce dell’Europa sull’Ungheria e i poteri assoluti ad Orban).
Dobbiamo sapere che prima del “dopo” deve cessare il contagio, e il virus – questo lo sappiamo già – non conosce frontiere e confini.
Improvvisamente quel che sembrava lontano diventa vicino, prossimo, i destini legati, le possibilità dei singoli paesi un tema comune.
Deve diventare un imperativo categorico quello della sospensione delle sanzioni, e devono diventare un impegno comune aiuti sanitari e necessità delle popolazioni.
Ed infine facciamo i conti con la nostra falsa coscienza: abbiamo applaudito e salutato come eroi i medici cubani, giunti in Italia ad aiutarci, (sappiamo che sono in Africa a combattere Ebola ed in tante altre parti del mondo ad aiutare ed insegnare), alziamo lo sguardo ed oltre ad apprezzare la solidarietà proviamo ad esercitarla, si anche in tempo di Coronavirus, perché se la perdiamo adesso poi sarà tutto più difficile.
Susanna Camusso, Responsabile politiche internazionali Cgil
Fonte: Fortebraccio news