Cuba non va in Africa, Cuba ritorna in Africa

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La storia dei legami tra Cuba ed Africa ha, forse, le più estese e numerose testimonianze della solidarietà incondizionata che l’isola dei Caraibi offre al mondo. È una storia vitale, permanente, che nel suo lungo curriculum include sangue offerto, vite preziose poste al servizio del benessere di paesi lontani e fratelli.

In Africa, Cuba non va, Cuba ritorna; come ha fatto, di nuovo, questa domenica nella disposizione di 111 suoi figli, professionisti, quelli in camice bianco che il mondo ha visto partire, lontano dalla loro famiglia, per aiutare gli altri popoli a fermare la spinta devastante del covid-19.

Questa volta sono andati in tre nazioni di quel continente, dove pochi vanno per alleviare e salvare. Guinea Equatoriale, São Tomé e Príncipe e Sierra Leone, sono le destinazioni delle nuove brigate Henry Reeve, che si uniscono alle oltre 30 che stanno attualmente combattendo il coronavirus in altre zone rosse, nove delle quali in Africa.

In Sierra Leone, in particolare, c’è un popolo che attende con il fresco ricordo del fare salvifico dei cubani. Lì, l’Ebola ha lasciato una triste ferita che, si è cicatrizzata, anche grazie all’urgente assistenza dei medici antillani. Oggi è un’altra l’epidemia, gravemente trasmissibile e potenzialmente mortale se non si sa come curarla, ed è per questo che, questa volta, sono in volo 19 specialisti.

Informa Radio Rebelde che, inoltre, ne sono partiti altri 16 per il punto dell’Atlantico di nome São Tomé e Principe; mentre 76 atterreranno sulla vicina costa continentale della Guinea Equatoriale. Paese grande o piccolo, ricco o povero, non è condizione che interessi per estendere il braccio solidario.

Il punto è che l’Africa soffre e Cuba, di nuovo, si offre.

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