I focolai di opposizione violenta causano preoccupazione in Bolivia
Focolai di violenza simili a quelli usati per destabilizzare il governo di Evo Morales un anno fa stanno destando preoccupazione in Bolivia, insieme alla confessione di un leader di destra che ha finanziato quel movimento.
Nella città orientale di Santa Cruz, una roccaforte dell’opposizione di destra, i presunti membri della cosiddetta Unione dei giovani Cruceñista, un gruppo regionalista, questa settimana hanno attaccato in pieno giorno i parlamentari del Movimento verso il socialismo (MAS) al potere.
Le vittime hanno denunciato di non poter partecipare a una riunione dei rappresentanti di Santa Cruz alla Camera dei deputati, in un’aggressione simile a quelle commesse durante il colpo di Stato contro l’allora presidente Evo Morales un anno fa.
L’attacco è stato condannato dall’ufficio boliviano dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha chiesto un dialogo per risolvere problemi come quello di Montero.
L’attentato è avvenuto nel contesto di un conflitto per l’ufficio del sindaco locale, dove la maggioranza dei consiglieri del MAS ha nominato Teresa Paz in sostituzione di Miguel Hurtado, del gruppo Creemos, il cui leader è l’evangelico di destra Luis Camacho.
Camacho ha fatto notizia ammettendo di aver finanziato lo sciopero generale e le proteste a Santa Cruz che sono state la chiave delle dimissioni di Evo Morales e che i settori dell’opposizione si presentano come ribellione dei cittadini.
Dopo l’insediamento del governo di fatto, un anno fa, il personaggio ha dichiarato che il padre milionario – legato alle dittature precedenti – si era “accordato” con i comandanti militari per evitare la repressione della violenza di destra e per fare pressione su Morales affinché si dimettesse, dopo una rivolta della polizia in cui le tangenti erano state mediate.
Il gruppo di Camacho, Creemos, la terza forza parlamentare, ha protestato ieri contro la decisione del legislatore di dichiarare gli “Eroi dello Stato Plurinazionale della Bolivia” uccisi nella repressione della polizia e militare contro le manifestazioni anti-colpo di stato, nel 2019.