USA: dalla leadership perduta alla nuova guerra fredda e oltre

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Se parliamo di Guerra Fredda e di nuova Guerra Fredda, non possiamo ignorare Marx, quando, dal 18 Brumaio… ci ricorda: «Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa»

Benché risulta quasi irresistibile la tentazione di iniziare il presente articolo con almeno un riferimento alle origini e all’essenza stessa del multiforme conflitto iniziato dopo la Seconda Guerra Mondiale fu denominato Guerra Fredda e si estese fino alla disintegrazione dell’URSS, ci esonera da ciò l’urgenza di esporre le minacce che si annunciano nel titolo e la necessità di riflettere sui nuovi pericoli che ci minacciano tutti per le azioni di USA e NATO contro la Russia.

La fine della Guerra Fredda, la prima, fu considerata il culmine delle guerre e delle rivoluzioni dopo il definitivo trionfo del mercato, del liberalismo e del neoliberalismo che erano stati promossi dal Washington Consensus. Con la decomposizione dell’URSS, nel 1991, si diede per terminato l’ordine mondiale post seconda guerra, quello del mondo bipolare, che il politologo Francis Fukuyama salutò con il suo frettoloso decreto della fine della storia, che supponeva il definitivo trionfo del liberalismo economico con le sue conseguenze politiche e sociali e per la democrazia liberale.

Al mondo bipolare seguì l’unipolare dominato dagli USA e, in questo, l’impero del neoliberalismo e il regno della globalizzazione. Tuttavia, e sfortunatamente per la pseudoscienza di Fukuyama, dagli stessi anni ’90, il neonato mondo unipolare cominciò a sfaldarsi, così rapidamente, che già a metà del decennio (1994-1995) cominciarono le crisi: la prima in Messico, a cui seguirono quelle dell’Argentina da Alfonsín, l’iperinflazione e il piano Austral, poi con Menen e la convertibilità del peso argentino e anche con De la Rúa e la sua fuga, in elicottero dalla Casa Amarilla; seguirono le crisi delle tigre asiatiche e anche quella della Russia, che la fine della storia l’aveva collocata nel presunto mondo libero; quella del Brasile con la svalutazione del Real… e il tutto accompagnato dalla crescente finanziarizzazione dell’economia.

E fu la finanziarizzazione quella che fece sì che l’economia mondiale, quella degli USA e dei paesi ricchi, funzionasse come lo avevano previsto i globalizzatori neoliberali. Gli USA raggiunsero un periodo di eccezionale boom – come era stato l’immediato periodo successivo alla II Guerra Mondiale, quando poterono approfittare degli orrori e della distruzione da questa causata- in cui pareggiarono il proprio bilancio, crebbero e addirittura fu considerata un’economia perfetta, espressione che era già stata usata, dalla stampa USA, nei giorni precedenti la crisi che sarebbe scoppiata quel lontano martedì nero dell’ottobre 1929. E così fu fino alla fine del 2007 e anche nel 2008 fino a che iniziò quella che si chiamò crisi sub prime, dopo ipotecaria, poi di illiquidità, di credito, di ipoteche spazzatura, globale…

A partire dalla crisi di molteplici nomi, si adottarono misure partendo dal presupposto che si trattava di un’altra crisi ciclica, finanziaria, per cui il trattamento fu più o meno lo stesso: iniezioni di liquidità, tagli fiscali, abbassamento dei tassi di interesse… misure tutte dirette a garantire che i mercati, agendo liberamente, ristabilissero la stabilità e l’efficienza nel sistema. Furono così commessi due errori: il primo, non comprendere che la crisi era già del capitalismo stesso, del sistema stesso, e non parte del suo meccanismo regolatorio; il secondo, e conseguenza del primo, supporre che le misure adottate avrebbero risolto la crisi.

Non tenendo conto che in quanto crisi del sistema, le crisi sono diverse e una sola -compresa quella dell’egemonia USAamericana, e dell’Occidente, in realtà degli USA e dei suoi stati vassalli e servi-, sarebbe fallita la strategia della continuità del processo di globalizzazione, accompagnato dall’indesiderabile (per il capitalismo) rafforzamento del socialismo di mercato. Tutto ciò, mentre promosse, ancor più, il processo di finanziarizzazione dell’economia, rese evidente l’errore della geostrategia globalizzante concepita per rispondere agli interessi della plutocrazia dominante (l’1%), sempre più transnazionale, insieme al fatto che gli stati- nazione incaricati di attuare tale strategia erano anche, sempre più, stati transnazionalizzati.

E, necessariamente, sarebbe fallita perché, pur senza un centro unico, questi stati transnazionalizzati utilizzano e sono impiegati da istituzioni come il g7, il g20, il FMI, l’OMC, il World Economic Forum (Davos Forum) e centinaia di università, think tank, comitati di esperti, il Pentagono e strutture come la NATO, ora anche come il quad, l’Aukus e altre strutture militari simili, che compongono una rete capace di programmare, coordinare e difendere gli interessi del grande capitale.

Solo che, paradossalmente, non essendo comuni gli interessi di questo grande capitale tra le parti che lo compongono, possono prodursi e si producono, disaccordi che non solo non contribuiscono a risolvere i problemi esistenti, a stabilizzare i mercati, ad aumentarne l’efficienza e tanto meno a risolvere i problemi della povertà,  disuguaglianza, disoccupazione e del riscaldamento globale…, il che acutizza le contraddizioni del sistema, in particolare quelli del suo paradigma, e quelli di questi con i suoi partner, compresi quelli più vicini come quelli della NATO, poiché, come ci segnala il Capitale, «se il tumulto e le dispute significano profitti, li ci sarà il capitale accanendole. Prova: il contrabbando e la tratta degli schiavi». E oggi, alle prove che Marx ci presentò all’epoca, possiamo aggiungere la Guerra Fredda, ora più perversa, visto l’aumento di potenza mortifera raggiunto dalle armi nucleari e dai sistemi ipersonici che le trasportano.

E se parliamo di Guerra Fredda e della nuova Guerra Fredda, non possiamo ignorare Marx, quando, dal 18 Brumaio… ci ricorda: «Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa», e anche che quest’ultima può essere molto peggio. L’analisi da questa prospettiva complessiva permette precisare che, se nella prima Guerra Fredda la tragedia era stata conseguenza della lotta geopolitica tra capitalismo e socialismo, rappresentato dall’URSS, in cui il socialismo dell’Est europeo fu sconfitto, in questa nuova, nella farsa che ci viene presentata ora, il socialismo non è neppure menzionato, e persino solo formalmente ha a che vedere con la Russia, poiché, anche senza nominarla, si riflette la Cina.

È che in realtà ciò che si sta cercando di nascondere con questa nuova Guerra Fredda è il declino del capitalismo e, soprattutto, la perdita USA dell’egemonia globale e persino della sua capacità di dominare il mondo. A proposito, nella montatura della farsa è impossibile che non si noti che se alla fine della prima possa relazionarsi a Gorvachev ed alla perestrojka (dal russo, ricostruire), la seconda è già legata a Biden e al build back better (dall’inglese, ricostruire, benché con better dica meglio).

E nel pasticcio di mantenere gli interessi geopolitici degli USA in Europa orientale (ancora considerata parte della terra-cuore dalla geopolitica più tradizionale e quindi presumibilmente necessaria per il dominio del mondo), l’amministrazione Biden continua a promuovere il keynesismo militare, e la guerra fredda e la NATO, ciò che l’Europa accetta, anche quando va contro i suoi interessi più legittimi e porta il mondo al parossismo dell’assurdo. Al di là della farsa non c’è alternativa: c’è spazio solo per la razionalità e la ragione.

Fonte: Granma

Traduzione: cubainformazione.it

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