Mai più

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La realtà è che l’11 febbraio, decenni dopo l’Operazione Peter Pan, si sentono di nuovo alcuni degli stessi ridicoli e falsi argomenti, questa volta sul futuro Codice di Famiglia.

In una delle sue canzoni più iconiche, Jalisco Park, Carlos Varela traccia un parallelo tra il parco in rovina della sua infanzia e la sua vita, inestricabilmente intrecciata alla storia di Cuba. In uno dei suoi versi dice: “Volevano far deragliare le montagne russe con tutte le calunnie della patria potestad. E poi il padre del mio piccolo amico l’ha portato a cavalcare la barchetta e non è più tornato”.

Erano i primi anni della Rivoluzione e la propaganda anticomunista era al suo apice. Si diceva che i sovietici stavano disgregando le famiglie, separando i bambini dai genitori, che lo stato onnipotente rubava i bambini dalle loro case e li indottrinava come servi robotici. Le voci più apocalittiche parlavano addirittura di cannibalismo: i comunisti mangiavano i bambini o esportavano la loro carne in scatola.

Così, le “montagne russe”, l’Unione Sovietica, l’influenza del comunismo a Cuba, stava diventando nella mente di alcuni creduloni un’ombra che incombeva sulle loro case, la loro privacy, la loro prole. Era necessario fuggire da quel mostro, con i suoi infiniti e incommensurabili tentacoli, ad ogni costo. Fu allora che iniziò l’operazione Peter Pan.

Usando la “calunnia della patria potestà”, che non era altro che una rozza menzogna su un presunto regolamento che il governo rivoluzionario cubano avrebbe approvato in un futuro non troppo lontano per “espropriare” i bambini ai loro genitori, funzionari dei servizi speciali statunitensi, burattini reazionari e alcune autorità ecclesiastiche hanno cospirato per convincere diverse famiglie a mandare i loro figli più piccoli negli Stati Uniti.

Molti “piccoli amici” hanno detto addio a Cuba e per molti anni non sono tornati. Alcuni non l’hanno mai fatto. I “bambini perduti” non sono andati a Neverland, l’isola fantastica piena di indiani e pirati, ma in luoghi dove sono stati spesso violati, abusati in mille e un modo, luoghi dove hanno subito traumi per tutta la vita. I loro genitori, bersaglio della propaganda anticubana e anticomunista, erano convinti di aver fatto loro un grande favore.

La triste ironia di questa storia, tanto reale quanto straziante, è che, nel tentativo di proteggere i loro “diritti di genitori”, queste persone hanno rinunciato a veder crescere i loro figli. I bambini sono diventati adolescenti, giovani adulti, persino anziani, senza poter rivedere la loro “famiglia originaria”. E, a quel punto, le cicatrici erano spesso così profonde che lo stesso affetto non sarebbe mai stato presente fra loro.

Quando si legge o si apprende di questo periodo della storia del paese, lo sconcerto prevale spesso su qualsiasi altro sentimento. Come si può credere a tutte quelle storie?

Con una certa condiscendenza, si arriva a giustificare questo fatto con il periodo, l’ingenuità di quei tempi, la disinformazione derivante dallo scollamento. Ma la realtà è che oggi, decenni dopo l’Operazione Peter Pan, si sentono di nuovo alcuni degli stessi ridicoli e falsi argomenti, questa volta sul futuro Codice di Famiglia.

Possiamo solo sperare che questa volta ci siano meno persone che si lasciano manipolare e che la gente, più consapevole e più informata, faccia più ricerche e cerchi sempre più informazioni prima di dare le proprie opinioni e prendere decisioni. Cuba non merita di avere più “bambini perduti”, né di essere confusa con Neverland, né di ascoltare con malinconia gli accordi di una canzone, gli accordi di un trovatore che ha perso un amico d’infanzia a causa di gente abietta che sapeva manipolare i creduloni.

Fonte: Granma

Traduzione: @Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba

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