Discorso del presidente del Messico Lopez Obrador in visita ufficiale a l’Avana

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“Caro presidente di Cuba, amico Díaz-Canel,

senza voler esagerare si può essere certi che Cuba è stata, per quasi quattro secoli, la capitale dell’America. Chiunque veniva dall’Europa nel nostro continente non poteva non passare attraverso l’isola più grande delle Antille e, per molti decenni, Cuba è stata il gioiello della Corona spagnola.

(…) L”elenco dei cubani che hanno combattuto per la causa del Messico durante le invasioni statunitensi e francesi è lungo e prolifico. Allo stesso modo, ci sono stati messicani che hanno combattuto per la liberazione di Cuba.

Erano i tempi in cui gli statunitensi avevano deciso di diventare i padroni del continente e definito quello che consideravano il loro spazio fisico vitale, per poi iniziare la conquista del mondo. A questo fine erano al loro apice i metodi come le annessioni, le false indipendenze pilotate, la creazione di nuovi Paesi, gli stati associati, i protettorati, le basi militari, gli sbarchi e le invasioni per mettere e rimuovere governanti a piacimento.

Molti furono i rivoluzionari caduti ma altri sarebbero poi emersi, perché la lotta per la dignità e la libertà dei popoli è una storia senza fine.

(…) È noto, amico Presidente Díaz-Canel, il passaggio di Fidel e dei suoi compagni attraverso il Messico, che ha lasciato una profonda impressione sui futuri rivoluziomari del “Granma” e una miriade di aneddoti ovunque, di cui si parla ancora con ammirazione e rispetto.

“Non dimenticheremo mai”, lei disse “che grazie al sostegno di molti amici messicani, lo yacht Granma salpò da Tuxpan, Veracruz, il 25 novembre 1956. Sette giorni dopo, il 2 dicembre, sbarcò da quella nave storica, il neonato Esercito Ribelle venuto a liberare Cuba”.

Lei, presidente Díaz-Canel ha anche affermato che “il Messico fu l’unico paese dell’America Latina che non ruppe le relazioni con Cuba rivoluzionaria quando fu espulsa dall’OEA/OSA per decisione dell’Impero statunitense”.

Per quanto riguarda le mie convinzioni sul comandante Fidel Castro e sull’indipendenza di Cuba, ribadisco quanto ho scritto di recente in un libro: nel corso del lunghi anni che abbiamo passato come oppositori in Messico, Fidel è stato l’unico leader di sinistra che comprese ciò che noi rappresentavamo e l’unico che ci difendeva nelle sue riflessioni, nei suoi scritti e con fatti politici di solidarietà.

Non ci siamo mai incontrati, ma l’ho sempre considerato un grande uomo per i suoi ideali di indipendenza.

Si può essere favorevoli o contrari a lui e alla sua leadership, ma conoscendo la lunga storia di invasioni e di dominio coloniale che Cuba ha subito nel quadro della politica statunitense, dobbiamo apprezzare l’impresa che rappresenta la sua presenza, a meno di 100 km dalla superpotenza, e il fatto che esiste un’isola indipendente abitata da un popolo semplice e umile, ma felice, creativo e, soprattutto, dignitoso, molto dignitoso.

Per questo, quando ho saputo della morte del comandante Castro, ho dichiarato qualcosa che sentivo e che continuo a sostenere: ho detto che era morto un gigante.

Anche la mia posizione sul blocco contro Cuba da parte del governo statunitense è ben nota.

Ho detto francamente che è brutto per il governo degli Stati Uniti utilizzare il blocco per impedire il benessere del popolo cubano e sperare che esso, il popolo cubano, costretto dalle necessità, debba ribellarsi al proprio governo.

Se questa strategia perversa dovesse avere successo, cosa che non sembra probabile per la dignità del popolo cubano a cui ho fatto riferimento, in ogni caso, trasformerebbe quel grande dolore in una vittoria di Pirro, vile e mascalzona, una di quelle macchie che non vengono cancellate nemmeno con tutta l’acqua degli oceani.

Ritengo che è giunto il tempo di una nuova convivenza tra tutti i paesi d’America, perché il modello imposto da più di due secoli si è esaurito, non ha futuro né via d’uscita, e non giova più a nessuno.

È tempo di esprimere ed esplorare un’altra opzione, quella del dialogo con i governanti statunitensi, e convincerli e persuaderli che un nuovo rapporto tra i Paesi d’America, di tutta l’America, è possibile.

Non vedo altra alternativa alla crescita esponenziale dell’economia in altre regioni del mondo e al calo della produzione in tutte le Americhe.

Ribadisco qui quanto ho espresso in più di un’occasione al presidente Biden: se l’andamento economico e commerciale degli ultimi 30 anni continua e non c’è nulla che possa legalmente e legittimamente impedirlo, tra altri 30 anni, entro il 2051, la Cina farebbe hanno il predominio del 64,8% del mercato mondiale e gli Stati Uniti solo il 4-10%, il che, insisto, diverrebbe una sproporzione economica e commerciale inaccettabile per Washington, che potrebbe essere tentato di risolvere quella disparità con l’uso della forza, il che sarebbe un pericolo per il mondo intero.

In questo senso non è da escludere la sostituzione della attuale Organizzazione degli Stati Americani con un organismo veramente autonomo, non lustrascarpe di nessuno, ma mediatore su richiesta e accoglienza delle parti in conflitto, in materia di diritti umani e democrazia.

Sebbene quanto qui proposto possa sembrare un sogno, va considerato che, senza un orizzonte di ideali, non si arriva da nessuna parte e che, di conseguenza, vale la pena tentare.

Amici cubani, caro Presidente Diaz-Canel.

Concludo con due brevi riflessioni:

Con tutto il rispetto per la sovranità e l’indipendenza di Cuba, vi dico che continuerò a insistere nel cercare, come primo passo, che gli Stati Uniti tolgano il blocco contro questa nazione sorella per iniziare il ristabilimento dei rapporti di cooperazione e amicizia tra i popoli delle due nazioni.

Per questo motivo insisterò con il presidente Biden affinché nessun paese delle Americhe venga escluso dal vertice del prossimo mese, che si terrà a Los Angeles, in California. Che ogni Paese decida liberamente se partecipare o meno a tale riunione, ma che nessuno escluda nessuno.

Infine, personalmente, sostengo di non aver mai scommesso, non scommetto né scommetterò sul fallimento della Rivoluzione cubana, sul suo retaggio di giustizia e sulle sue lezioni di indipendenza e dignità. Non parteciperò mai con i golpisti che cospirano contro gli ideali di uguaglianza e fratellanza universale.

Il ritorno al passato è decadenza e desolazione, è una questione di potere e non di umanità. Preferisco continuare a sperare che la Rivoluzione rinasca nella Rivoluzione.

Possa la Rivoluzione essere capace di rinnovarsi per seguire l’esempio dei martiri che hanno combattuto per la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, la sovranità. E ho la convinzione e la fede che a Cuba si stanno facendo le cose con questo proposito, che la nuova Rivoluzione si fa dentro la Rivoluzione. Questo è il secondo grande insegnamento, la seconda grande lezione di Cuba per il mondo.

Questo popolo mostrerà ancora una volta che la ragione è più potente della forza.

Un abbraccio e grazie mille.”

Traduzione Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana

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