Le bugie trionfano in Cile: bocciata la nuova Costituzione

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Nel bel mezzo di un periodo di turbolenze politiche, la nuova Costituzione che avrebbe dovuto sostituire quella attuale ideata da Augusto Pinochet è stata ampiamente respinta dagli elettori.

Con il 99,4% dei voti scrutinati, il Rifiuto ha ottenuto il 61,88% e l’Approvazione il 38,12%, una vittoria per lo spettro della destra che, oltre a riorganizzarsi, ha dimostrato la sua capacità di ostacolare il processo di cambiamento che il Paese richiede, utilizzando i media mainstream a proprio piacimento, spendendo più di 1,5 miliardi di pesos per comprare le coscienze e – anche se non avrebbe dovuto essere vincolante – approfittando delle promesse governative non mantenute e delle presunte inesattezze di alcuni titoli.

È stata una bella vittoria per la campagna di “fake news” promossa da media, sondaggisti e social network, quando solo poche settimane prima il Cile sembrava avviato a sradicare per sempre l’ortodossia neoliberista che Augusto Pinochet aveva incarnato nella Costituzione del 1980 e che poneva l’istruzione, la sanità, le pensioni e la casa come beni di consumo regolati dal mercato, lontani dalla portata della maggioranza della popolazione.

Ma pochi giorni prima del plebiscito, i sondaggi indicavano già l’avanzamento e l’affermazione della campagna di menzogne, che ha fatto fallire il progetto della nuova Magna Charta, elaborato l’anno scorso da una Convenzione Costituzionale, nonostante ponga le basi per uno stato sociale del tipo richiesto dai cileni.

Si tratta di una buona notizia per la destra cilena e per i suoi principali partiti: Unione Democratica Indipendente, Rinnovamento Nazionale, Repubblicani ed Evaporec.

In altre parole, il sostegno alla nuova Magna Charta è crollato soprattutto a causa della guerra sporca delle fake news e della disinformazione condotta dalla destra, come è accaduto nelle campagne per la Brexit nel Regno Unito, per Donald Trump negli Stati Uniti, per Jair Bolsonaro in Brasile e per il “No” agli accordi di pace con le FARC in Colombia.

In breve, la campagna di destra contro il progetto costituzionale ha arrestato il processo di sviluppo dei diritti sociali e civili in cui il Cile è entrato, ed è riuscita a seminare dubbi e paure, diffondendo notizie false o tendenziose su diversi articoli.

Per Pamela Figueroa, ricercatrice presso l’Istituto di Studi Avanzati dell’Università di Santiago del Cile, è chiaro che c’è “una forte campagna di disinformazione, ma la cosa più importante è che questo Paese è riuscito a incanalare, a livello istituzionale e democratico, il malcontento sociale che esiste a causa della disuguaglianza e dell’esclusione”, e questo va oltre il risultato negativo del plebiscito.

“Il processo costituente è un passo in più, ma la strada è lunga e complessa”, afferma il dottore in studi americani.

BORIC SI IMPEGNA

Di fronte all’imposizione dell’opzione di rifiuto rispetto a quella di approvazione, il presidente cileno, Gabriel Boric, ha annunciato che chiederà un nuovo processo costituente in cui “tutto dovrà essere discusso di nuovo, partendo da zero”.

Il problema è che il governatore di sinistra, che da deputato nel 2019 ha promosso un patto politico per chiedere un’Assemblea Costituente, non ha la maggioranza al Congresso, dove la destra ha abbastanza seggi per bloccare qualsiasi nuovo processo costituzionale che non le garantisca una maggiore influenza nella stesura di un’altra Magna Charta.

Gli analisti politici concordano sul fatto che la destra cercherà di bloccare i cambiamenti strutturali richiesti dai cileni, sosterrà riforme molto limitate e farà tutto il possibile per mantenere il modello di mercato sancito dalla Costituzione della dittatura di Pinochet del 1980.

Questo, nonostante il fatto che un’eventuale sconfitta della proposta costituzionale alle urne non significherebbe un’approvazione della Magna Carta ereditata dalla dittatura, ma piuttosto un rifiuto del lavoro della Convenzione costituzionale.
Secondo diversi sondaggi, sette cileni su dieci sono d’accordo sul fatto che, nonostante il trionfo del Rifiuto, si debba avviare un nuovo processo costituente. Nessuno dubita che il consenso per il cambiamento prevalga nel Paese.

CONTESTO

L’esplosione sociale che il Cile ha vissuto nell’ottobre 2019, che ha provocato 32 morti e 1.980 feriti da arma da fuoco, ha reso evidente che il malcontento dei cittadini rendeva insostenibile un modello di sviluppo che produceva crescita economica, ma anche molte disuguaglianze e un alto tasso di concentrazione della ricchezza.

La destra politica e imprenditoriale capì in quel momento che un Paese in fiamme non è un buon affare per nessuno e ritenne che fosse giunto il momento di cambiare, facilitando così un accordo multipartitico – in cui Boric ebbe un ruolo centrale – per convocare una Convenzione Costituzionale incaricata di redigere una nuova Magna Charta che rispondesse alle richieste dei cittadini.

Nell’ottobre 2020, il 79% degli elettori cileni ha votato in un plebiscito a favore di una Convenzione costituzionale per la stesura di una nuova Costituzione, e nel maggio 2021 ha inflitto una sconfitta storica alla destra, eleggendo solo 37 membri della Convenzione, il 23% del totale, mentre gli indipendenti, il centro-sinistra e gli indigeni hanno ottenuto 117 seggi.

Il risultato è stato che la convenzione ha redatto una nuova costituzione che privilegia gli interessi sociali rispetto a quelli privati; che crea un sistema di welfare in cui lo Stato garantisce il diritto alla salute, all’istruzione, a pensioni dignitose e all’alloggio; e che riconosce il Cile come Paese “plurinazionale, interculturale, regionale ed ecologico”, nonché la “parità”.

Il testo afferma che “è dovere dello Stato creare le condizioni necessarie e fornire i beni e i servizi per assicurare l’eguale godimento dei diritti e l’integrazione delle persone nella vita politica, economica, sociale e culturale per il loro pieno sviluppo”.

La Costituzione approvata questa domenica è anche fortemente femminista, indigena e ambientalista, e allo stesso tempo stabilisce chiaramente che le finanze pubbliche devono essere sostenibili e che la spesa sociale crescerà con l’aumento delle entrate fiscali.

Ma i promotori del Rifiuto, divulgatori di menzogne, si sono spinti fino a sostenere che, dichiarando il Cile uno Stato plurinazionale, la nuova Magna Charta avrebbe eliminato i simboli patriottici, la bandiera nazionale, l’inno e il nome del Paese, e che le popolazioni indigene avrebbero avuto un proprio sistema di giustizia penale.

Inoltre, che i fondi pensione privati verrebbero espropriati e che la sanità, l’istruzione e l’edilizia abitativa verrebbero nazionalizzate, il che è assolutamente falso, perché in tutti questi settori ci sarebbe un modello misto pubblico-privato.
Ora sta iniziando una nuova battaglia, per sconfiggere la destra che vuole mantenere e aumentare i propri privilegi a spese della maggioranza della popolazione.

Fonte: CubaSi

Traduzione: italiacuba.it

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