La CIA e l’opinione pubblica interna a Cuba
La guerra mediatica contro Cuba, fino a poco tempo fa, colpiva il cuore e la mente dell’opinione pubblica internazionale. Con un’influenza quasi nulla sull’opinione pubblica interna dell’isola.
Negli ultimi anni, con lo sviluppo di Internet e dei social network, un processo rallentato – tra l’altro – dal blocco tecnologico di Washington, la situazione è cambiata.
E ha reso più facile per i media digitali controrivoluzionari, che già esistevano, sostenuti dalle sovvenzioni del governo statunitense, iniziare ad avere un impatto su alcuni segmenti della popolazione cubana.
L’inasprimento del blocco e la mancanza di entrate dal turismo a causa della pandemia hanno creato una dura situazione di penuria a Cuba.
In questo scenario di opportunità, la comunità di intelligence del governo statunitense non ha esitato. Un anno fa ha lanciato un gigantesco blitz mediatico, sfruttando la già citata struttura dei media digitali. E poi è arrivato l’11 settembre.
Oggi, in piena crisi elettrica, questa strategia viene mantenuta. Ed è riuscita a far sì che alcuni giovani, sopraffatti dalle carenze, si unissero al discorso più arrendevole.
Ma, come in ogni guerra, ci sono anche focolai di dignità. Esiste una corrente di mobilitazione spontanea, dai nuovi formati, della gioventù antimperialista. Sono i Pañuelos Rojos, Cimarronas, Nuestra América, La Manigua e molti altri progetti che combinano cyber-attivismo e mobilitazione.
Pronto a fare qualsiasi cosa per la Rivoluzione. Pronti a combattere in difesa della sovranità.
Fonte: Cubainformación
Traduzione: italiacuba.it