La fine del blocco contro Cuba è un’utopia?
La Crisi dei Missili dell’Ottobre 1962, che tenne l’umanità con il fiato sospeso, si concluse con la firma da parte di Kennedy e Krusciov dell’Accordo di Sospensione dei Test Nucleari (1962), che prevedeva il ritiro dei missili russi dal territorio cubano in cambio del ritiro dei missili USA di stanza in Turchia, comparendo nelle sue scritte in piccolo la condizione sine qua non di “nessuna invasione dell’isola da parte USA”, accordo che ha protetto Cuba per 60 anni da un’invasione USA, stabilendo gli USA come contropartita la figura del “blocco” che è rimasta in vigore fino ad oggi.
La fine del blocco USA contro Cuba, chiesta per il ventinovesimo anno consecutivo nell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e approvata a stragrande maggioranza con 184 voti favorevoli, 2 contrari (USA e Israele) e 3 astenuti, riafferma la libertà di commercio e navigazione a fronte di un blocco anacronistico stabilito da Kennedy nel 1962 e che avrebbe comportato per l’isola perdite dirette e indirette stimate in 110000 milioni di dollari secondo il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (PNUD) e vicine al miliardo di dollari secondo il Governo cubano.
Inoltre, il rinnovo automatico da parte USA per un altro anno dell’embargo commerciale contro l’isola minaccerebbe l’attuale sistema finanziario e politico internazionale e potrebbe significare per Cuba perdite stimate per Cuba di quasi 7000 milioni di dollari, portando il regime cubano ad un soffocamento economico che può diventare letale dopo la pandemia di coronavirus.
E’ un’utopia la fine del Blocco contro Cuba?
L’utopia sarebbe la via per realizzare un sogno che porti implicita nella sua forza la capacità di diventare atto concreto, essendo necessario seguire il percorso tracciato dal poverello d’Assisi: “Inizia facendo ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso ti ritroverai a fare l’impossibile.”
Così l’utopia sarebbe la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e USA, meta finale di un viaggio scandito dal necessario (la soluzione del blocco energetico) e dal possibile (sospensione dell’anacronistico blocco) fino a giungere ciò che sembrava impossibile (normalizzazione delle relazioni tra Cuba e USA).
In un’intervista alla CBS, Joe Biden ha assicurato che “in caso di vittoria delle elezioni avrebbe ripreso la politica portata avanti da Barack Obama nei confronti di Cuba”, che potrebbe tradursi nell’immediato futuro in un sensibile cambio nelle relazioni cubano-statunitensi e in questo contesto si inquadrerebbe la richiesta del think tank Cuba Study Group (CSG) all’amministrazione Biden per “un rinnovato impegno diplomatico con Cuba”.
Tale gruppo di analisi presieduto dall’imprenditore Carlos Saldrigas rappresenterebbe la tendenza moderata della comunità cubano-statunitense e sarebbe composto da importanti uomini d’affari e attivisti politici che hanno partecipato attivamente al miglioramento delle relazioni con Cuba durante la Presidenza Obama.
Nella sua petizione all’amministrazione Biden, sottolinea che “una politica di riavvicinamento a Cuba è vitale per promuovere gli interessi nazionali USA e un futuro più libero e prospero per il popolo cubano”, allegando un’agenda esaustiva dei passi necessari per realizzarlo, che potrebbe essere, insomma, una prima bozza per tradurre l’utopia in realtà.
Pertanto, la strada da percorrere sarà segnata dalle sfide della liquidazione del blocco energetico dell’isola, il ritiro di Cuba dalla lista degli “Stati sponsor del terrorismo”, l’abrogazione della Legge Hemls-Burton e, infine, la sospensione dell’anacronistico Blocco in vigore dal 1962, ciò darebbe il via allo scambio di ambasciatori e alla tanto attesa normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli USA.
Tuttavia, in un’intervista alla CNN, il consigliere di Joe Biden per l’America Latina, il colombiano Juan González, ha escluso un nuovo disgelo con Cuba e ha assicurato che “Joe Biden non è Barck Obama nella politica verso l’Isola” aggiungendo allo stesso tempo che “il momento politico è notevolmente cambiato”, dimostrando così la miopia geopolitica dell’Amministrazione Biden che potrebbe creare un vuoto nei Caraibi di risultati imprevedibili nel bel mezzo della Guerra Fredda 2.0 tra USA e Russia.
Cuba e la palindromia della storia
Il mantenimento in eterno del Blocco contro l’isola starebbe provocando un riavvicinamento geopolitico tra Cuba e Russia che includerebbe aiuti economici e l’urgente apertura di un canale aereo e marittimo di approvvigionamento di base per soddisfare i bisogni vitali del popolo cubano.
Così, dopo il viaggio di Díaz Canel a Mosca, abbiamo assistito alla firma di un Trattato di Amicizia che prevederebbe la riduzione del debito cubano con la Russia di 2,3 miliardi di dollari e l’impegno russo a fornire petrolio all’isola incarnato nei 4 milioni di barili ricevuti nel 2022, che rappresenta un incremento esponenziale nella fornitura di greggio russo a Cuba.
Se il conflitto ucraino si cronicizza, Putin inizierà a muovere i pezzi per collocarli strategicamente nel cosiddetto “cortile di casa” USA con l’obiettivo inequivocabile di ampliare il raggio militare russo, secondo quanto esposto all’agenzia di notizie russa Sputnik dal Capo del Comitato di Difesa della Camera Alta del Parlamento Russo, Victor Bóndarev “l’istituzione di una base militare russa a Cuba in un contesto di aumento delle aggressioni USA, risponderebbe agli interessi della sicurezza nazionale “, potendo rivivere la Crisi dei Missili Kennedy-Krusciov (ottobre 1962) e la successiva firma con Krusciov dell’Accordo di Sospensione dei Test Nucleari (1962).
Fonte: Cubainformación
Traduzione: cubainformazione.it