Il giornalismo progressista e le “ceneri” della Rivoluzione

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La casa editrice Libros del K.O. ha appena pubblicato “L’isola occulta: storie di Cuba”, di Abraham Jiménez Enoa. È l’ennesimo esempio di come, per uno scrittore cubano, optare per il privilegio di pubblicare su una casa editoriale straniera, comporti la riproduzione del discorso cliché: Cuba è dittatura, censura e repressione. Nel frattempo, centinaia di talentuosi scrittori/trici, sull’isola, continuano senza passare il filtro degli ideologi editoriali.

Privilegio editoriale immediatamente convertito in privilegio mediatico. Interviste addomesticate ed elogi a non finire sui giornali di destra, sui media pubblici e -sorpresa!- anche sui “progressisti”. “A Cuba non ci sono più nemmeno le ceneri della rivoluzione”, titolava eldiario.es. Nell’era della segmentazione del pubblico, il ruolo di un autore come Abraham Jiménez è quello di diffondere la disillusione, di risvegliare dal sogno coloro che hanno ancora un “legame romantico con Cuba”. Svegliatevi, anime illuse della sinistra internazionale!

Per questo, cosa c’è di meglio di un “giornalista indipendente”, che si dice punito dal “regime” per le sue critiche “da sinistra” e che ora vive “in esilio” a Barcellona. Tutto sembra combaciare. Tranne un elemento che deve essere messo a tacere. Ed è il più importante di tutti. Vediamo.

Abraham Jiménez è stato uno dei promotori del media digitale cubano oppositore El Estornudo. E come si sostiene El Estornudo? Chi paga il suo personale? Chi pagava, mentre viveva a Cuba, lo stipendio di Abraham Jiménez? La NED, il National Endowment for Democracy, organizzazione legata al Congresso USA la cui missione -leggiamo su Wikipedia- è “finanziare progetti che promuovano la democrazia liberale nel mondo” e “contribuire alla lotta anticomunista”, azioni svolte prima -continuiamo a leggere- dalla “Central Intelligence Agency (CIA)”. Solo nel 2021, El Estornudo ha ricevuto, in questo modo, 180000 dollari.

Queste informazioni, che sono pubbliche e non provengono dal Governo cubano, sono apparse in un programma televisivo sull’isola. Qualcosa che ha portato Jiménez a ripetere, in ogni intervista: “mi hanno portato in televisione dicendo che ero un agente della CIA” e “nessuno mi avvicinava”. Tutta menzogna. Nessuno, assolutamente nessuno, ha affermato una cosa del genere. Hanno solo rilasciato le sue stesse parole, in cui riconosceva chi lo pagava: “Chi finanzia El Estornudo?” “La NED e la Open Society (di George Soros)”, ha risposto.

Ma se qualcuno lavora al soldo della superpotenza che ha passato 60 anni a cercare di forzare un cambio politico nel suo paese, attraverso una brutale guerra economica e di comunicazione, questo non lo squalifica come “giornalista indipendente”? Beh, sembra di no. Uno di questi “media progressisti”, The Guardian, riconosceva, in un recente reportage, che “l’amministrazione Biden spende 20 milioni di dollari all’anno per la ‘democrazia’ a Cuba” e che il media El Estornudo è sostenuto, come abbiamo detto, dalla NED, attraverso fondi del Congresso. Intervistava anche un ex agente della CIA, che assicurava che “molti dei cosiddetti giornalisti indipendenti sono indirettamente finanziati dagli USA”. Quindi sono mercenari, sono collaborazionisti della guerra contro il loro paese? No. Sono “media indipendenti”, i cui “giornalisti affrontano la repressione”.

The Guardian riproduce, inoltre, i soliti cliché obsoleti sul giornalismo cubano. I media pagati da Washington – assicura – offrono “reportage reali”, al contrario dei “noiosi media statali, che sono fortemente censurati e dipingono di rosa la realtà”, per cui “i giovani giornalisti di talento sono migrati verso nuovi media privati ​​(…) , che adottano una linea decisamente antigovernativa, dove possono lavorare con più libertà”.

Chiariamo ogni falsità punto per punto. Uno, i media pubblici cubani sono ben lungi dal “colorare di rosa” la realtà e descrivono, ogni giorno con maggiore crudezza, i problemi sociali del paese. Certo, non dimenticano di menzionare, come fa deliberatamente El Estornudo, la sua principale causa strutturale: il blocco USA. E due, la suddetta “linea antigovernativa” di questa stampa “dissidente” è il filtro essenziale per ricevere sussidi da Washington, il che dimostra in cosa consiste realmente il suo “lavoro con maggiore libertà”.

Infine un esempio di manipolazione del libro “L’isola nascosta”. Una delle 16 cronache che lo compongono, intitolata “ArgeliaFellove è una dura”, viene scelta da vari media per promuovere il libro. Ad un estremo, il media di destra Infobae lo pone come esempio del “popolo cubano represso, in depressione e senza sogni”; e, dall’altro, la rivista femminista Pikara Magazine, come mostra dell'”altra isola, forse sotterranea”. Ma chi è ArgeliaFellove? È un’attiva combattente sociale, collaboratrice del governativo Centro Nazionale per l’Educazione Sessuale, la cui Rete di Donne Lesbiche e Bisessuali ha coordinato, per anni, all’Avana. Oggi dirige Afrodiverso, iniziativa per il rafforzamento della comunità attraverso l’arte. Lavora per reali trasformazioni dall’interno e collabora con tutti i tipi di attori della società civile e delle istituzioni. La cronaca è uno sporco tentativo di usare la sua figura pubblica.

Ora, a Barcellona, ​​l’inventore di storie Abraham Jiménez non solo gode del privilegio editoriale e mediatico vietato ad altri autori cubani. Inoltre, riceve entrate da “conferenze, seminari e incarichi” in media “come The Washington Post, 5W, Al Jazeera o la BBC”.

Senza creare il minimo problema deontologico nei “media progressisti”.

Fonte: Cubainformación

Traduzione: Francesco Monterisi

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