Fermare il genocidio del popolo palestinese
La Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio è stata adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, il giorno prima dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, con un ampio consenso internazionale. Il suo scopo era quello di prevenire il ripetersi delle atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale.
Secondo la Convenzione, il genocidio è definito come “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale, e che consistono in uno dei seguenti atti: (a) l’uccisione di membri del gruppo; (b) gravi lesioni all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) l’assoggettamento intenzionale del gruppo a condizioni di esistenza calcolate per portarlo alla distruzione fisica in tutto o in parte; (d) misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo; (e) e il trasferimento forzato di minori dal gruppo a un altro gruppo”. La Convenzione obbliga inoltre gli Stati a prevenire e punire il genocidio, tenendo presente che si tratta di un processo e che gli Stati devono essere attenti ai segnali che segnano questo percorso.
La forza della Convenzione deriva dal consenso raggiunto a livello internazionale ed è vincolante per gli Stati che l’hanno firmata. La sua definizione è stata adottata integralmente da diversi tribunali penali internazionali e dalla Corte penale internazionale (che ha inserito il genocidio tra i crimini di sua competenza).
Uno dei casi più evidenti e attuali di genocidio è senza dubbio la situazione del popolo palestinese, che si trascina dal 1948 a oggi. Non si tratta solo dell’espulsione dai loro territori e dei massacri che ne sono seguiti a partire da quel fatidico anno, ma anche dell’occupazione illegale da parte di Israele dal giugno 1967. Questa occupazione comporta l’espropriazione quotidiana di terre e insediamenti, la limitazione degli spostamenti con muri e posti di blocco militari, la restrizione dell’accesso all’acqua e ai mezzi di produzione alimentare, arresti arbitrari, torture e processi iniqui e una lunga lista di umiliazioni e discriminazioni che fanno parte delle gravi lesioni alla loro integrità fisica e psicologica.
Parte di questo processo di genocidio sono anche gli attacchi massicci e indiscriminati contro la popolazione civile palestinese imprigionata a Gaza dal 2007, che negli ultimi 13 anni hanno portato all’uccisione di oltre 10.600 persone. Gaza, una striscia di territorio di dodici chilometri per quaranta controllata da Israele via terra, mare e aria, da cui non si può fuggire o scappare e che oggi, con la scusa di una reazione agli attacchi ricevuti, è nuovamente sottoposta a bombardamenti indiscriminati da parte dell’esercito israeliano. Attacchi a civili disarmati in scuole, case e ospedali dove le principali vittime sono bambini, donne e anziani.
Gli Stati firmatari della Convenzione hanno l’obbligo di porre fine a questo genocidio, oltre che di prevenirlo e punirlo. Ma ancora una volta, quando si tratta di risoluzioni delle Nazioni Unite o della violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell’Isr4el, ci troviamo di fronte a una sistematica inosservanza e impunità.
Come ha recentemente sottolineato il Consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, “l’odio, la vendetta, l’incitamento e la commissione di violenze possono solo contribuire ad alimentare un ciclo di ostilità e vendetta” che non avrà mai fine, fino allo sterminio di un popolo. Fermiamo questo genocidio con ogni mezzo possibile.
Fonte: Razones de Cuba
Traduzione: italiacuba.it